L'Ucraina ha vinto l'Eurofestival. Adesso speriamo che per l'azione di persone di buona volontà, per un disegno provvidenziale, o persino (la dico grossa) per una favorevole congiunzione astrale questa vittoria comunque conseguita conti qualcosa per iniziare un percorso di pace.

Altrimenti serve giusto qualche giorno per farci scrivere sopra qualcosa, magari di divisivo, come sta succedendo oggi sui Social, dove c'è chi esalta il fatto in sé e chi lo vede come una cosa predeterminata a tavolino. A tutti direi: a che serve una vittoria mediale se non serve la pace? A null'altro che ad essere dimenticata come quelle delle edizioni precedenti.

Va fatto anche un breve ragionamento a margine: il settore artistico-musicale è sostanzialmente un oligopolio, dove pochissimi soggetti che si contano sulle dita di una mano determinano una percentuale di mercato tale da influenzare anche la quota rimanente in termini di generi, contenuti, progetti culturali, adesione a modelli comportamentali, inchini vari alle ideologie del momento. Il tutto, ovviamente, salvo lodevoli quanto rarissime eccezioni. Discutere di una vittoria e non di come l'uniformità del pensiero stia consolidandosi nelle esperienze artistiche che contano globalmente è come guardare il dito di chi ti mostra la luna.

Una di queste tendenze uniformanti si è confermata anche nell'Eurofestival 2022 con «Fulenn», brano in lingua bretone del gruppo francese Alvan & Ahez,  nel cui testo si descrive una sorta di cerimoniale nella foresta il cui centro tematico è espresso dalle parole: «Lei balla col diavolo, e allora?», cui la donna risponde «Ballo con il diavolo, e allora?». Si può vedere il video cliccando sull'icona sottostante.

Il fenomeno (cui accenno solamente) è la «popizzazione dell'occulto»: flirtare con il demonio, anche come elemento simbolico, è divenuto accettabile, simpatico, persino raccomandabile, come scrivo nell'editoriale dedicato al tema «Educazione alla (mala)fede? Il fascino sui nostri figli di chi de-canta Satana»; insomma, il male è uscito dall'oscurità e dalle marginalità musicali per presentarsi in veste pop, trainato dalle pop-star.

Si tratta di un caso all'Eurofestival? Direi il secondo caso in due anni, perché nel 2021 la rappresentante cipriota Elena Tsagrinou aveva presentato un brano intitolato «El Diablo», nel cui testo c'è questo: «Mi sono innamorata, ho dato il mio cuore al Diablo (...) perché lui mi ha detto che sono un angelo, il suo angelo».

Il caso non esiste nella società della comunicazione globale, nemmeno nell'industria musicale in cui pochi soggetti sono in grado di muovere persino i confini del bene e del male attraverso quel potentissimo linguaggio che è la musica, fruita nella solitudine di una smartphone in età sempre più precoce. Teniamolo presente, nell'educare


© Marco Brusati
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