In silenzio si pensa meglio

Violenza, armi, droga. Basta ritmare le parole ed è concesso di dire l'indicibile per chiunque altro sui Social.

Facciamo un esperimento: proviamo a leggere un testo musicale come se fosse una poesia: «Con i soldi della droga, ah; ho comprato una pistola, ah; sogno settimana al caldo,oh rischio settimane al gabbio, ah. Con un buco in testa (baing, baing) per farti un buco in testa - tu-tu-tu-tu.». Sono parole del testo di «Settimana al caldo», una hit del gruppo «FSK Satellite». Si può vedere il video cliccando sull'icona sottostante.

Adesso immaginiamo di andare nella scuola elementare più vicina a casa e di chiedere all’insegnante dei più grandicelli il permesso di declamare queste parole davanti alla classe.  Ovviamente l’insegnante si rifiuterebbe e, alla vostra eventuale insistenza, probabilmente chiamerebbe la forza pubblica per farvi allontanare, perché queste non sono cose per bambini e, se dobbiamo dirla tutta, non lo sarebbero nemmeno per gli adulti, anche se questo è un altro discorso.

Rientriamo nella realtà. Questo progetto artistico è tra quelli fruiti da bambini di quinta elementare, come è emerso  a inizio 2021 dal sondaggio periodico curato dall’associazione Hope finalizzato a conoscere i prodotti artistici dell'infanzia e della prima  preadolescenza. Abbiamo preso questo brano solo come esempio, non perché sia l'unico, ma per offrire l'ambientazione in cui troppi ragazzini sempre più bambini crescono nella solitudine delle loro camerette.

«Dalla musica passa tutto e passa prima» è un must che chi mi segue è abituato a leggere; per questo, starci dentro, educativamente e criticamente, significa capire in anticipo cosa passerà nella cultura e nei costumi, avendo la possibilità di fare azioni preventive. Altrimenti dovremo accontentarci di vedere gli studi televisivi o le pagine dei giornali riempiti con il parere di esperti del giorno dopo. 

L'incendio sociale che sta bruciando una generazione ha solo iniziato a scoppiettare nelle numerose mega risse violente tra ragazzini, molti nemmeno punibili perché minori di 14 anni; un incendio innescato da progetti estetici sempre più verbalmente violenti, prepotenti e talvolta anche socialmente devianti; un incendio alimentato dal mainstream dell'informazione che non ne rileva la problematicità e finisce per normalizzarli; un incendio su cui soffia l'assenza del mondo educante preoccupato di quello che avviene nelle aule fisiche e virtuali, inconsapevole che nelle aule digitali di uno smartphone in mano ai bambini si dice l'esatto opposto in maniera più attrattiva.

È una pia illusione pensare di educare ignorando quali sono i modelli dominanti che accompagnano la crescita dell’infanzia, segnatamente quelli estetici, artistici e musicali che arrivano prima e senza incontrare la resistenza educativa di adulti capaci di passare dal “che male c’è” al “che bene ne viene”: sarebbe, questo, un risveglio epocale delle coscienze, ormai desensibilizzate da dosi da cavallo di morfina mediale, capace di farci uscire dalla spirale di multipli fallimenti educativi socialmente intesi.

Ma non basta: occorre prendere atto che serve un cambio di passo normativo perché i genitori si trovano da soli contro il mondo mediale e non si può più tollerare questo loro abbandono da parte delle Istituzioni, laiche o religiose che siano: se bambini di quinta elementare hanno accesso liberamente a prodotti come quello sopra indicato, c'è un errore sistemico che va corretto, anche con norme, ammonizioni e sanzioni per quegli adulti che lo permettono. Resta la mai sopita speranza che la creatività possa essere messa, prima o poi con l'accompagnamento adulto che ora non c'è, al servizio dell'educazione, o quantomeno non in antitesi o come ostacolo.


© Marco Brusati
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