Onestamente mi aspettavo la polemica, dopo che insegnanti di prima elementare e della materna da settimane mi segnalano la presenza di uno strano personaggio al centro dei discorsi e dei giochi dei bambini, ovvero Huggy Wuggy.

Si tratta di «un pupazzo blu con le labbra rosse e i denti affilati, uscito da un gioco horror dedicato a ragazzi con più di 13 anni» che «potrebbe ingenerare ansie e paure nei più piccoli», come segnala la Polizia Postale che lo ha definito «pericoloso per bimbi». 

A corollario dell'allerta, il direttore della Polizia Postale Ivano Gabrielli ha evidenziato che «sottolineare la pericolosità per i più piccoli di Huggy Wuggy è anche l'occasione per sensibilizzare i genitori sui contenuti che in generale i loro figli guardano in rete: bisogna navigare con loro» [TGCom24].

É possibile vedere le immagini di Huggy Wuggy, cliccando sull'icona sottostante che rimanda a una ricerca di Google, così da avere in mente di cosa (o chi) stiamo parlando.

Com'è arrivato allora a tanti bambini in Italia? Pare ne siano venuti a conoscenza grazie alla presenza «di Huggy Wuggy sul canale YouTube dei ‘Me contro Te’, ovvero Luigi Calagna e Sofia Scalia. Il duo siciliano è uno dei casi più incredibile di youtubers di successo, passando dai video sulla piattaforma di Google a ben tre film al cinema, oltre a merchandising di ogni tipo». A questo fatto si aggiunga che «la ‘canzoncina’ che vede protagonista il mostruoso protagonista di Poppy Playtime è inquietante: “Potrei abbracciarti per sempre, finché non espiri il tuo ultimo respiro insieme”, “Sarò li presto, affonderò i denti e sarai consumato”, sono i suoi ‘versi’» [Il Riformista].

La polemica su Huggy Wuggy ricorda quella su Squid Game di alcuni mesi fa, la serie TV coreana che mette in scena, ancora oggi in streaming, un macabro gioco  in cui i perdenti non vengono semplicemente eliminati dalla competizione, ma uccisi. I bambini ci erano finiti dentro in massa grazie al contesto ludico infantile, a giochi del tipo 'Un, due, tre stella' e all'ambientazione da scuola materna o primaria o da parchetto in cui si svolge l'azione violenta. 

Per certi versi il caso Huggy Wuggy  rappresenta un'evoluzione, un andare-oltre Squid Game perché il coinvolgimento dei bambini non è indiretto, ma parrebbe direttamente connesso non solo alla presenza del personaggio in un programma per l'infanzia, ma  anche a un merchandising per bambini come evidenzia uno dei diversi venditori nell'e-commerce, che così recita: «questi peluche realistici sono regali che i bambini sognano e gli adulti amano. Divertimento garantito» [cf. Amazon] . 

Del resto, è noto che la generazione Alfa, cui appartengono i bambini interessati a Huggy Wuggy, sono oggetto di particolare attenzione come player di mercato capaci di influenzare fino al  90% delle decisioni di spesa familiare. Questa attenzione, che può avere qualche connotazione di liceità per chi di mestiere fa marketing, non ha alcuna bilanciatura educativa e nemmeno normativa ed è questo il problema. L'argine tra l'infanzia e l'età adulta si è rotto e nemmeno si sa più quando sia lecito, per esempio, esporre i bambini a immagini sessualmente non neutre o a violenze, o a giochi con chat aperte a chiunque, o a video di canzoni in cui si flirta con la droga e le sostanze psicotrope, solo per fare degli esempi. La rivoluzione smartphone-tablet, ormai matura ed in fase terminale verso una qualche forma di metaverso, sta facendo le sue vittime tra chi andrebbe custodito come la pupilla degli occhi.

Ristrutturare le norme a protezione dell'infanzia appare forse l'ultimo argine possibile, in quanto le raccomandazioni all'uso consapevole dei media qualcosa fanno, ma paiono cadere nel vuoto: si fanno norme in stile bizantino su ogni aspetto della vita, ma una norma chiara che consenta ai genitori di non rincorrere disperatamente i propri figli medialmente irretiti direttamente o indirettamente va pensata con urgenza. Un esempio: 1) fino a 13 anni, divieto di presenza Social autonoma, con o senza il permesso di chi ha la potestà genitoriale; 2) divieto di promozione diretta o indiretta di prodotti inadatti all'età in programmi per l'infanzia, da riclassificare per fruitori. Ne va della tenuta sociale che già si sente scricchiolare.


© Marco Brusati
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