In silenzio si pensa meglio

In un solo mese i primi 3 siti pornografici hanno totalizzato 5,81 miliardi di visualizzazioni per quasi 1 miliardo di visitatori unici: sono questi i dati resi disponibili  da We Are Social, nel report Digital 2022 - I dati globali.

Nella tabella riportata alla pagina 44, tra i  20 siti più visti al mondo ce ne sono 3 di pornografia, che si trovano al 10°, 13°, 17° posto assoluto. Tuttavia, il resto della classifica è occupata da siti neutri, dei quali non è possibile definire i contenuti: sono infatti motori di ricerca [p.e. Google e Yandex], Social Network e aggregatori di contenuti vari [p.e. Facebook, Wikipedia, VK], siti tecnici [p.e. Bit.ly, che accorcia i link da pubblicare sui social]. Gli unici siti tematici della classifica sono 3 e sono 3 siti di pornografia. 

Che la pornografia sia entrata nella nuova normalità digitale è un dato di fatto, ma non per questo dobbiamo soggiacere alla consegna del silenzio per non entrare nel novero dei pruriginosi bacchettoni ultra-vittoriani per almeno tre gravi motivi.

Il primo: non si creda che alla pornografia abbiano accesso solo adulti, maturi e consenzienti, capaci di comprendere la differenza tra realtà e rappresentazione e di staccarsi quando vogliono senza che magari si crei un circuito di dipendenza più o meno certificato. Alla pornografia hanno accesso anche bambini smartphonizzati: «già in quinta elementare, capita spesso che i bambini abbiano visto almeno una volta dei filmati hard» [Adolescienza]. Chi non ci crede, provi a chiedere conto agli insegnanti di scuola primaria.

Il secondo: la pornografia non è 'solo' rappresentazione di atti sessuali di ogni forma e tipologia, ma è costituita anche da migliaia di video di esplicita violenza a sfondo sessuale, per la quasi totalità a carico della donna. Non posso descrivere qui le tipologie, riservando l'analisi ai corsi di formazione per genitori, docenti ed educatori. Anche a questo hanno accesso i minori, i figli, nel silenzio assente del mondo adulto ed educante.

Il terzo: i siti pornografici, data l'enorme quantità di prodotti caricati dagli utenti, non sono sempre in grado di verificare nel dettaglio né il reale consenso dato dai partecipanti a un video, né la loro età. Quello che appariva come un dato acquisito, ovvero il consenso di maggiorenni, è stato messo in discussione da un report del New York Times che ha rivelato la presenza di video di minori in una delle piattaforme de quo, Pornhub per la precisione. Ne è conseguito un lavoro di pulizia della piattaforma, ma il problema resta aperto, se Antoon e Tassillo, due top manager della MindGeek, società proprietaria della suddetta piattaforma, hanno da poco dato le dimissioni nelle more delle «accuse che il sito non rimuove immediatamente o sufficientemente contenuti che includono sesso non consensuale e di minori» [The Washington Post]. E stiamo parlando di piattaforme legali, non del dark web

L'onnipresenza della pornografia come radiazione di fondo dell'universo mediale sta progressivamente erodendo la possibilità, a partire dall'infanzia, di vivere la crescita affettiva e sessuale in ambiente protetto, senza spinte culturali che offrono l'esposizione sessualmente non neutra in età precoce, in cambio di accettazione sociale, soprattutto per le ragazze, nel silenzio del mondo adulto che accetta di spingere sempre più in là il confine della normalizzazione. 

Una situazione come questa va anzitutto conosciuta nella sua portata e nelle sue diramazioni problematiche come si cercato di fare in questa introduzione al tema; va poi educativamente affrontata sistematicamente con determinazione e non trattata ogni tanto, per slogan o come 'detto per inciso' quando si enumerano i problemi della rete, magari in un convegno per famiglie o genitori, civile o religioso che sia, dove pare che sia meglio essere irrilevanti che contestati. Colpisce infine il silenzio del mondo educante su questo dilagante fenomeno dentro il quale si vedono i segni del fallimento di un sistema che, nell'accompagnare, deve saper proteggere i più deboli e fragili.

Parlarne è dunque il primo passo: favorisce il senso critico e la libertà di scelta. Il silenzio è la peggiore delle strategie. Il rischio di essere tacciati di bigottismo dogmatico sessuofobo si può correre. Ne vale la pena. Ma chi è più dogmatico: chi parla o chi si rifiuta di farlo dando per definitivo un fenomeno contingente?


© Marco Brusati
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