In silenzio si pensa meglio

Partiamo da una polemica non mia: il 26 settembre è stata inaugurata una statua dedicata alla Spigolatrice di Sapri nell'omonima località in provincia di Salerno.

Si può vedere l'immagine, cliccando sull'icona sottostante [cf. Io Donna].

L'opera rappresenta la contadina della poesia di Luigi Mercantini, quella dell'«Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!». Il panneggio della statua, che evidenza il 'lato B' della protagonista letteraria, è stata accusata di «fornire una visione anacronista e sessualizzante della donna» [La Repubblica]. Da più parti se ne sta chiedendo l'abbattimento o la rimozione. I promotori difendono la loro scelta, così come l'artista. Fin qui i termini della polemica che apre ad alcune riflessioni, con la premessa che non sto dando un giudizio sulla statua, ma sto cogliendo l'occasione per discutere di un tema scottante.

Anzitutto, va detto che la spigolatrice è ritratta in una posizione che richiama un selfie o un fermo-immagine di video che migliaia di ragazzine pubblicano sui Social, dove il consenso è proporzionale al livello di seduzione delle foto, scattate in posizioni languide, attrattive. Basta fare un giro su Tik Tok, per vedere migliaia di video di giovanissime ragazze, minorenni e adolescenti, che si esibiscono in movenze, messaggi, pose, condotte sessualmente non-neutre, o con canzoni a sfondo erotico, oppure con parole o scritte che riguardano la genitalità e la sessualità.

E questo, che piaccia o no, che lo si voglia o no, è una forma pericolosissima di sessismo, perché è culturalmente accettato e non contrastato, normalizzato dagli adulti, dai media e pure da buona parte del sistema educante che lo scambia per modernità o una forma di liberazione dai tabu, mentre spinge ragazzine sempre più bambine ad esporsi in maniera impropria per ottenere consenso, ovvero per essere accettate e valorizzate; ragazzine che sono vittime inconsapevoli del sessismo dei like, da cui occorre aiutarle a uscire, per il loro bene o almeno per il loro benessere, poiché, come spiega la ricerca britannica #StatusOfMind, una costante esposizione di sé «influisce negativamente sul grado di soddisfazione del proprio corpo con conseguente crescita dei livelli di ansia, depressione e isolamento». 


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