In silenzio si pensa meglio

La tragedia della discoteca di Corinaldo dello scorso dicembre è stata un pugno allo stomaco di un mondo adulto che abbandona troppo spesso i più piccoli sulle autostrade digitali in compagnia dei loro idoli da cellulare.

Così, in conseguenza di un lungo, articolato ed a volte confuso dibattito mediatico, nell’immaginario genitoriale le canzoni di Sfera Ebbasta sono divenute sinonimo di musica diseducativa e l’artista si è, per così dire e almeno per ora, bruciato, come dimostra anche la sua esclusione dalla giuria del Talent The Voice of Italy; c'è da dire, però, che questa sorta di ostracismo è stato attuato da una TV generalista, i cui spettatori sono perlopiù adulti, ma non è avvenuto sul web e nell'organizzazione dei concerti, dove l’artista continua ad esibirsi come e più di prima. Stessa sorte è toccata due mesi dopo ad Achille Lauro che ha presentato al Festival di Sanremo la canzone Rolls-Royce, che non riferisce solo a un’autovettura, ma, in gergo, ad una pastiglia di droga venduta al mercato nero del web.
Proprio a metà strada tra questi due episodi di indignazione popolare adulta in favore di telecamera, l’11 gennaio scorso è uscito «Avere 20 anni», l’album Trap della giovane Chadia Rodríguez, prodotto da Big Fish per la Sony Music; raccogliendo anche singoli già usciti lo scorso anno, questo lavoro discografico sta ottenendo milioni di visualizzazioni, download ed ascolti, andando ad occupare le memorie digitali dei cellulari soprattutto delle ragazzine, che sono il target principale della pubblicazione.

Ho atteso oltre un mese dall'uscita, ma nè in rete nè nell'informazione mainstream ho trovato alcuna critica ad un prodotto artistico problematico, perché propone a tantissimi minori-molto-minori e senza alcun avviso ai genitori (parental advisory) un sesso esibito, ossessivo e narrato con frasi da set pornografico: «sco**mi, forte fino alla fine», «farmi sbat**re ore, serve a farmi battere il cuore»; «fumare, sco**re, mangiare per oggi mi basta»; un erotismo sfrenato, tipico del sexting in cui restano ingabbiate tante ragazzine vittime di cyberbullismo: “io mi alzo alle 4 e ti mando una foto del c*lo” [testo di «Fumo bianco»].

Soprattutto, queste canzoni sostengono e promuovono in maniera inequivocabile l’uso delle droghe: marjuana, hashish, metanfetamine e via dicendo. 

Ecco alcuni esempi: nel testo di «Bi*ch 2.0» [tradotto significa prostituta, anzi put***a, 2.0] si va da «fumo spliff [marjuana], erba, hashish, dammi l'accendino» a «così tanto TH che ho la voce di Batman» [Th sta per THC, il principio attivo della marijuana; fumare erba rende la voce bassa] a «canne da 4 cm»  [spinelli dal grande diametro] a «Soldi, soldi, soldi (droga, droga, droga)», fino a «se c'hai una canna, falla; appena puoi farlo, sballa». Nel testo di «Sisters (Pastiglie)» il ritornello gira così: «Pastiglie per viaggiare e pastiglie per dormire. Pastiglie per mangiare e pastiglie per sognare. Pastiglie per il bene e pastiglie per il male. Pastiglie ad ogni ora in mille mille forme». Credo che sia piuttosto evidente a quali pastiglie si alluda, anche se l'artista sostiene che la canzone parli di pillole lecitamente prescritte dal medico e di cui vuole denunciare l’abuso; la qual cosa, francamente,  risulta piuttosto improbabile alla luce sia del contesto narrativo favorevole all’uso di stupefacenti indicato precedentemente, sia della canzone stessa, laddove si dice «basta che c'hai i fogli che trovi tutta una farmacia» [basta avere i soldi per poter comprare qualsiasi tipo di sostanza sottobanco]; oppure: «una pasta colorata che ci svolta la serata» [pasta ottenuta dalla macerazione delle foglie di coca da cui si ricava, attraverso un successivo procedimento, la cocaina]; oppure: «paste per ragazzi persi colorano gli universi» [i ragazzi hanno allucinazioni]; oppure: «Oxy, Lexy vanno giù come la Pepsi» [si riferisce al sovraddosaggio ad uso ricreativo di Oxycontin, un oppioide e di Lexil oppure di Lexotan che contengono Bromazepam, un antidepressivo].
Stessa ambientazione, ma centrata più sul fumo di marjuana, si trova nel già citato testo di «Fumo bianco», dove, per esempio, viene cantato «gira una canna a bandiera e raggiungimi nella vasca» e «lunedì un etto, mercoledì una canna sola; fumo così non ci penso come andrà domani».
Purtroppo, come succedeva prima di Corinaldo con Sfera Ebbasta e prima di Sanremo con Achille Lauro, giornalisti e critici musicali esaltano la capacità dell’artista di superare i tabù quando sfiora la soglia del pornografico, alterano il significato dei brani quando sono troppo esplicitamente a favore della droga, infine tacciono sulla grave problematicità di un prodotto musicale che ha come target le ragazzine, come ammette l’artista stessa quando afferma che «un sacco di ragazze mi scrivono dicendo che si rivedono in me, che sono contente di sapere che sono anch’io nella scena, e che le mie parole le fanno stare meglio» [Vice].
E chi non crede ancora al coefficiente di penetrazione di questo tipo di messaggi, può provare liberamente ad andare in una scuola media a chiedere se hanno mai sentito parlare di Chadia Rodríguez e, per esempio, del suo brano «Sisters (Pastiglie)». Sarei felicissimo di dovermi ricredere e non essere costretto a dire: si scrive «novità discografica», si legge «problema educativo». 


© Marco Brusati
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